Ortesi plantare: scopriamo insieme la loro utilità
Che cos’è l’ortesi plantare?
Il Consiglio Superiore di Sanità definisce come “ortesi”, “un dispositivo esterno utilizzato al fine di modificare le caratteristiche strutturali o funzionali dell’apparato neuro-muscolo-scheletrico”.
Con il termine ortesi plantare indichiamo un dispositivo medico non invasivo, amovibile destinato ad essere inserito in una calzatura su misura o di serie.
L’ortesi plantare deve essere realizzata su misura e con materiali non traumatizzanti che non presentano il rischio di deformazione permanente e che non siano suscettibili nel provocare reazioni d’intolleranza cutanea. L’ortesi plantare è generalmente bilaterale e deve essere realizzata da figure specializzate (Tecnici Ortopedici e Podologi) presenti nel centro F-Medical group a Frosinone.
Qual è la funzione del plantare?
Le principali funzioni dell’ortesi plantare sono:
- Correttiva: ci consente di migliorare l’appoggio del piede scaricando le zone gravate da ipercarichi;
- Antalgica: riduce il dolore in caso di disturbo muscolo-scheletrico agli arti inferiori;
- Biodinamica: l’ortesi plantare trasferisce il peso del soggetto lungo le linee fisiologiche del piede
Quante tipologie di ortesi plantare vengono realizzate?
Le principali ortesi plantari che vengono realizzate sono:
- Ortesi plantare Antalgica
- Ortesi plantare Biomeccanica
- Ortesi plantare Sportiva
- Ortesi plantare Pediatrica
- Ortesi plantare Flebologica
Le ortesi plantari possono essere suddivise in due principali categorie:
- Ortesi plantari personalizzate sono ortesi fabbricate utilizzando una rappresentazione tridimensionale del piede plantare e costruite specificamente per un individuo utilizzando sia i sistemi di carico, sia l’osservazione del piede e del funzionamento degli arti inferiori durante le attività dinamica e di carico.
- Ortesi plantari di serie, sono ortesi fabbricate in dimensioni medie e in varie forme predefinite, nel tentativo di corrispondere ai formati più diffusi nella popolazione senza utilizzare una rappresentazione tridimensionale del piede plantare del paziente che riceverà l’ortesi.
In base alla funzione possiamo avere plantari correttivi, plantari antalgici e plantari biomeccanici. I plantari correttivi hanno lo scopo di correggere una problematica nell’età evolutiva, ovvero fino a quando l’apparato muscolo-tendineo scheletrico è in grado di rispondere a delle sollecitazioni esterne. Tali dispositivi per mezzo di cunei, spessori o sostegni hanno lo scopo nei bambini di migliorare una problematica in corso come ad esempio il piede piatto o il retro piede valgo.
Il raggiungimento dell’obiettivo dipende dall’entità del problema, dalla recettività individuale, dal tono muscolare e dall’età.ù
I plantari antalgici vengono realizzati con materiali solitamente morbidi al fine di ridurre o eliminare il dolore scaricando l’urto in un punto dolente e consentono di ridurre la limitazione funzionale legata al dolore.
Infine i plantari biomeccanici hanno lo scopo di riassorbire l’onda di shock a cui il calcagno è sottoposto nella fase di primo appoggio al suolo e di stabilizzare le teste metatarsali favorendo la postura anatomica fisiologica del piede e verticalizzando il retro piede.
La scelta dei materiali, pur rimanendo un aspetto problematico, non può prescindere dai criteri di progettazione di un ortesi plantare. La progettazione, infatti, è in grado di influenzare la scelta dei materiali e possiamo definirla un insieme di decisioni e di scelte che ci porteranno alla realizzazione del prodotto finale. La progettazione dell’ortesi plantare deve tener conto di alcune variabili quali: peso, modello della scarpa, stili di vita, diagnosi del medico.
Oggigiorno la ricerca avanzata sui materiali ha introdotto nuovi elementi (carbonio etc..), e la conoscenza della vasta gamma dei materiali, delle loro proprietà e caratteristiche ci permette di sviluppare l’ortesi più idonea per il paziente nel miglior modo possibile.
I materiali più utilizzati nella tecnica ortopedica sono:
- Termoplastici
- Polipropilene
- Acrilico
- Le fibre di carbonio composito
- Pelle
- Polietilene Espanso
- Il sughero
- La lega E.V.A (EtilVinilAcetati)-sughero
- Silicone e Lattice.
Quali sono i metodi di realizzazione delle ortesi plantari?
La presa d’impronta è una delle fasi più importanti nella realizzazione di un’ortesi plantare su misura. Dopo un’attenta valutazione clinica, il podologo progetta idealmente l’ortesi plantare più adatta per il paziente. A seconda dell’ortesi plantare che vogliamo realizzare decidiamo che tipo di presa d’impronta utilizzare.
Le ortesi plantari possono essere realizzate secondo metodologie differenti in base al tipo di deformità del piede e ai materiali ritenuti più idonei:
• Ad Asporto, da un blocco di materiale vengono creati degli scarichi asportando e modellando il materiale;
• Ad Apporto, su una base detta di supporto si applicano elementi di correzione;
• Su Calco, in relazione all’impronta tridimensionale la conformazione del materiale costituisce sia la base che l’elemento di correzione;
• Dinamico, in relazione all’impronta del paziente rilevata durante la deambulazione.
Le principali prese d’impronta utilizzate sono:
• Podogramma bipodalico: ci permette di avere un’impronta bidimensionale;
• Schiuma Fenolica: associata al podogramma, ci permette di realizzare il calco positivo del piede;
• Benda Gessata: dalla quale,tramite una colata di gesso, sarà possibile ottenere il calco positivo del piede.
Cos’è la teoria sul plantare funzionale?
Ad oggi, la teoria più accreditata sul plantare di tipo funzionale è quella di Root. Prima del lavoro di Root non esisteva un concetto teorico uniformemente accettato dal mondo scientifico sulla correzione biomeccanica del piede come metodologia per la terapia delle patologie del piede.
Nel 1845 Durlacher descrisse l’uso di un sostegno plantare come ausilio nel trattamento di una disfunzione meccanica del piede. Thomas nel 1874 documentò l’uso di modifiche estrinseche sotto la suola della scarpa per curare problemi meccanici del piede. Whitman usò un plantare d’acciaio supinato con aletta medio-posteriore sotto scafoidea per premere contro lo scafoide e stimolare un’inversione del piede provocata dal dolore. Roberts, nel 1916, propose un plantare con bordo posteriore avvolgente con alette sottomalleolari. Morton nel 1940 promosse l’uso di un plantare con un’estensione sotto il 1° raggio per allungare funzionalmente il 1° raggio e renderlo più efficace in fase propulsiva. Nel 1948, Schreiber e Weinerman dichiarano che una posizione di inversione o eversione dell’avampiede necessita un bilanciamento estrinseco.
Fin qui, il piede era valutato come struttura statica e l’altezza della volta longitudinale mediale aveva un’importanza primaria.
Con Root è stata data una svolta epocale al trattamento biomeccanico delle anomalie del piede con ortesi podaliche funzionali.
Il primo protocollo per la valutazione clinica della biomeccanica del piede è stato sviluppato da Root. Questo modello include una valutazione statica per prevedere le alterazioni dinamiche della cinematica del piede. Il protocollo è basato sulla premessa che in un piede “normale” le ossa e le articolazioni hanno un allineamento specifico e un’escursione di movimento che possono essere misurate con una valutazione biomeccanica statica. Un allineamento anormale o una limitazione di movimento durante questa valutazione statica è classificata come “deformità”.
Le deformità sono ipoteticamente associate a movimenti patologici di compenso durante le attività dinamiche, come il cammino, e sono causa di numerosi sintomi clinici.
In particolare, nel modello di Root cinque valutazioni hanno un ruolo centrale. La valutazione sul piano frontale della posizione dell’articolazione sottoastragalica è sicuramente l’aspetto principale del protocollo di trattamento. Se la sottoastragalica è in inversione, il piede è classificato come anormale con una deformità in “retropiede varo”. Come compenso, Root ha proposto che la sottoastragalica si muova in eversione in mid-stance degli stessi gradi dell’inversione presente durante la valutazione statica. Di conseguenza, ci sarebbe una correlazione tra il grado di varismo del retropiede (la deformità) e il grado di eversione in mid-stance (il compenso).
Root ha inoltre proposto che un requisito indispensabile per un retropiede normale sia l’abilità della caviglia di effettuare un movimento in dorsiflessione di 10° durante la deambulazione. Questa escursione di movimento deve essere valutata nell’esame statico.
In un piede classificato come incapace di dorsiflettere di 10°, descritto come deformità in “caviglia equina”, è ipotizzato che la sottoastagalica effettuerà una pronazione maggiore per compensare il deficit in dorsiflessione della caviglia.
Nell’avampiede, il protocollo di Root prevede la valutazione della posizione del primo raggio sul piano sagittale e la valutazione dell’allineamento frontale dell’avampiede in relazione al retropiede. Il primo raggio può essere classificato come dorsiflesso o plantaflesso; l’avampiede può essere classificato come allineato in varo o in valgo in relazione alla superficie plantare del calcagno. Un allineamento anormale in varismo o valgismo dell’avampiede sono ipoteticamente correlate a un movimento maggiore di compenso in eversione del retropiede.
Root inoltre ha specificato che in un piede normale la prima articolazione metatarsofalangea deve essere in grado di dorsiflettere di almeno 65° durante late-stance. Questa escursione deve essere testata sempre nella valutazione statica. Un piede con meno di 65° durante la valutazione statica dimostrerà una propulsione minore con una pronazione del retropiede di compenso.
Quindi, il protocollo di Root per la valutazione statica del piede afferma una relazione tra un piede classificato come anormale, per l’allineamento o per l’escursione articolare, e le alterazioni della cinematica durante il cammino.
Gli squilibri tra il retropiede e l’avampiede, che sono alla base della maggior parte dei disturbi biomeccanici del piede, possono essere compensati con ortesi di correzione.
L’ortesi plantare biomeccanica-funzionale avrà, pertanto, la funzione di:
- assorbire l’impatto a cui il tallone è sottoposto durante la prima fase di appoggio, riducendo la forza istantanea applicata;
- normalizzare i tempi di contatto del piede al suolo ripristinando la corretta prono-supinazione del piede;
- trasferire il peso corporeo durante il movimento;
- limitare il movimento anomalo delle articolazioni sottoastragalica e mediotarsica;
- aumentare il movimento dell’articolazione sottoastragalica.
L’ortesi plantare aiuterà a ristabilire una corretta funzionalità del passo perché ricostruisce l’esatta sequenza temporale dei movimenti che si attuano nel piede, evitando i potenziali effetti nocivi comunemente associati alla pronazione patologica o all’eccesso di supinazione.
Quanto è importante la calzatura nella terapia ortesica?
La calzatura è un elemento fondamentale per consentire all’ortesi plantare di svolgere in maniera ottimale la sua funzione. La calzatura è composta fondamentalmente da:
- Zona plantare che comprende il fondo e il tacco;
- Zona Superiore costituita essenzialmente dalla tomaia.
Nella suola possiamo evidenziare tre principali zone:
- Anteriore determinata dalla pianta;
- Intermedia identificata nel famice;
- Posteriore ossia la base del tacco.
Tra la tomaia e la fodera sono inseriti dei rinforzi che danno consistenza alla calzatura. A livello del retropiede viene inserito un contrafforte, generalmente in cuoio, che da un’importante stabilizzazione del retropiede nella prima fase di contatto. Mentre a livello della punta è inserito un rinforzo più leggero, generalmente in tela, che ha la funzione principale di proteggere le dita ed evitare il collasso verso il basso della tomaia.
La calzatura è responsabile del contatto con il terreno. La suola permette l’adesione dell’ortesi plantare con il segmento podalico. Inoltre, è essenziale un’adeguata larghezza del famice; nonché una buona rigidità dello schiniere che determina anche l’andamento della cambratura della calzatura. Lo schiniere è il rinforzo fondamentale della calzatura serve per rinforzare la parte intermedia della suola. Deve estendersi dal tallone fin dietro le teste metatarsali. Se lo schiniere è corto la calzatura cede determinando un sovraccarico a livello delle teste metatarsali.
Altro elemento importantissimo è il tacco, la cui altezza deve essere valutata con attenzione, in quanto consente di allineare la forza “peso” rispetto alla reazione della superficie di appoggio.
Tra l’ortesi plantare e la calzatura ci deve essere una perfetta sintonia; un plantare ben progettato e realizzato non svolgerà mai la sua funzione se inserito in una calzatura errata.
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